Per riflettere su questo insieme, vorrei partire da un esempio personale.
Ricordo una sera in cui sono tornata a casa con il desiderio di raccontare al mio compagno le mille novità della giornata. Ma, presa dall’entusiasmo, non riuscivo a spiegarmi bene e lui mi chiese di "inserire i soggetti delle frasi". Inutile dire che dentro di me esplose un senso di inadeguatezza, simile a quello che provavo durante la mia dermatillomania.
Razionalmente, sapevo che il modo in cui avevo comunicato dipendeva da me e dalla scarsa attenzione che avevo posto nel farlo. Ma emotivamente, mi sentivo ferita, quasi come se non fossi stata all’altezza di comunicare in modo efficace. Mi sentivo "uno zero", e la mia autostima, schiacciata dalle mie critiche, si riduceva anch'essa a zero.
Per curare questa ferita emotiva, ho cercato di essere dolce e comprensiva verso me stessa, accettando l’errore e la delusione. Riconoscermi e apprezzarmi ha rafforzato la mia autostima, dandomi fiducia nella mia capacità di migliorare la mia comunicazione in futuro.
Questo approccio è stato essenziale anche durante il periodo in cui affrontavo la dermatillomania, aiutandomi a gestire meglio i comportamenti legati al disturbo. Il vero ostacolo non era perdonarmi, ma accettare che avrei potuto fare meglio e non l’avevo fatto. Fatico ancora ad accettare di "aver sbagliato". Capita anche a te? Quali ragioni trovi nella difficoltà di accettare i tuoi errori?
“Sbagliare” non dovrebbe farci sentire sbagliati a livello emotivo, ma agire come un segnale razionale, permettendoci di riconoscere i nostri limiti e, solo così, di migliorarci. Ammettere un errore è difficile e spesso doloroso, ma può aprire a grandi risvolti positivi.
Riconoscere che il mio modo di comunicare dipendeva da me mi ha fatto sentire il peso della responsabilità, ma anche la possibilità di migliorare. Questo principio si applica anche alla dermatillomania: nonostante le ricadute possano provocare sensi di colpa, è possibile esercitare controllo sulle proprie azioni e compiere scelte più consapevoli. Ogni scelta rappresenta un passo verso il miglioramento e la soddisfazione personale.
In fondo, il concetto di responsabilità deriva dal latino "respondere", rispondere di sé stessi e delle proprie azioni. Filosofi come Kierkegaard e Sartre riflettono sulla responsabilità come libertà di scelta, una condizione che può generare ansia ma che porta inevitabilmente all’accettazione dei nostri errori e dei nostri successi.
Ma fino a che punto possiamo dirci responsabili nei confronti del nostro disturbo?
Se crediamo che le ricadute non dipendano affatto da noi e non ne siamo responsabili, affermiamo di non avere libertà di scelta e, quindi, di non poter intervenire sul disturbo, escludendo la possibilità di un miglioramento attivo. Ma possiamo davvero dire questo?
In realtà, la responsabilità verso la dermatillomania può assumere molte forme, tra cui:
comprendere il disturbo in tutte le sue sfaccettature;
riconoscere il nostro stato emotivo quando siamo di fronte allo specchio;
cercare strategie utili per ridurre il picking;
informarsi sui DOC e sugli strumenti per gestirli;
prendersi cura di sé, accettarsi, dialogare con specialisti e persone che sanno ascoltarci.
E tu? Come vivi la tua responsabilità rispetto alla dermatillomania? Senti di avere, o di poter avere, un ruolo attivo nel tuo percorso di "guarigione"? Se la tua dermatillomania potesse parlare, direbbe che le dai filo da torcere o che per lei tenerti a bada è un gioco da ragazzi?
Editor: Francesca Berti, ospite della terza stagione di Ma che brutto vizio, dove condivide il suo intenso e ispiratore viaggio con la dermatillomania. Dal suo inizio turbolento, causato da un grave caso di acne e una diagnosi di intolleranza alimentare, fino alla scoperta e alla gestione del disturbo, Francesca ci offre una visione profonda delle sue lotte e trionfi.
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